Dalla lunga crisi alla grande crisi
A leggere le analisi e proposte prodotte nell’area della sinistra ex istituzionale sulla crisi che ha investito il capitale su scala globale, pare di essere in presenza di una grande opportunità: dopo 30 anni di neoliberismo finalmente torna (?) in scena lo Stato nella regolazione del processo economico; si suggeriscono quindi utopici piani di intervento, quali “un piano del lavoro con lo Stato che si fa garante di una piena occupazione, stabile e di ‘qualità’”… o “nell’immediato consentire che lo Stato abbia potere di decisione sulle imprese in cui investe” e, addirittura, “in termini di prospettiva, estendere il controllo pubblico e sociale della produzione, rilanciando il valore, la possibilità e la necessità dell’economia di piano”. Ignorando totalmente la natura di classe dello Stato e i vincoli invalicabili insiti nel rapporto di produzione capitalistico, queste proposte non fanno altro che seminare illusioni, generando passività e delega tra chi intanto già subisce duramente le conseguenze di questa crisi. Piuttosto che cogliere il momento quantomeno per “rischiarare le coscienze”, le si intorpidisce ancor più.
Alla base di queste proposte vi è anche una analisi sulle origini di questa crisi che non ne coglie affatto la natura strutturale. Quando non se ne vedono le cause nel solo processo di finanziarizzazione e si cercano nell’economia reale, le si coglie in un deficit di domanda dovuto al taglio dei redditi del lavoro dipendente, che sarebbe frutto di una scelta politica determinata, di stampo neoliberista, e non di ragioni strutturali, e dunque in qualche modo correggibile avviando una nuova era di politiche Keynesiane. Siamo nel campo delle utopie riformiste, che non intendono prendere atto della natura strutturale delle contraddizioni che stanno investendo il rapporto di produzione dominato dal capitale e che in questa crisi si stanno manifestando in tutta evidenza.
Sembra utile dunque un approfondimento delle cause di fondo di questa crisi al fine di capire quali potranno esserne le conseguenze e quali siano le reali opportunità che essa offre alla classe.
Pubblicato nel 2009